Date una possibilità al “nuovo” Leo Gassmann, potrebbe stupirvi

Leo Gassmann è in viaggio, a caccia di un’identità. E questo suo essere sempre in movimento gli ha permesso di scrivere un disco, “La strada per Agartha”, che sembra il suo primo vero lavoro, quello di un “nuovo” Leo Gassmann, più maturo. Dategli una possibilità, potrebbe stupirvi. Il titolo dell’album è tratto dal romanzo “Il dio fumoso” di Willis George Emerson, che racconta il viaggio fantastico di un marinaio che circumnaviga il mondo e scopre una civiltà sotterranea di giganti che vivono di musica e agricoltura, in totale pace e armonia.
Oltre la classifica di Sanremo 2023
I temi racchiusi nel concept sono molteplici: la ricerca della bellezza e dell’amore per la musica, la rivendicazione, la libertà, la paura, tutto filtrato attraverso la favola, proprio come prima di lui fece Edoardo Bennato, il grande ospite del progetto e suo compagno sul palco dell’ultimo Festival di Sanremo nella serata delle cover. “Sì, sono in cammino. Spero di non arrivare mai in realtà. Ho intenzione di continuare questo viaggio di sperimentazione e di andare oltre – racconta il cantautore romano - per me questo lavoro è il massimo punto che in questo momento potessi raggiungere. Ho dato tempo a me stesso e alla musica, come se fosse una persona cara, per trovare il giusto equilibrio. Ogni brano ha una storia a sé che si lega a qualche cosa di più grande, a un messaggio che vuole spronare la gente a vivere la musica insieme e non solo a farsi attraversare da essa”.
E sul Festival 2023 a cui ha partecipato con il brano “Terzo cuore”? “Sono soddisfatto. Ho dato tutto, per me è l’unica cosa che conta. La classifica? È soltanto un numero, noi non siamo un numero”, continua sereno, ricordando il suo diciottesimo posto. Al Festival di Sanremo 2020 fu vincitore nella categoria "Nuove Proposte".
Tornare bambino
“La strada per Agartha” è ricchissimo di collaborazioni e di compagni di viaggio: la voce narrante dell’attore Massimo Dapporto all’inizio e alla fine dell’album, Giovanni Caccamo che firma il brano “La mia libertà”, Riccardo Zanotti dei Pinguini Tattici Nucleari co-autore dei brani “Terzo cuore” e “Volo rovescio”, la band britannica Will & The People nella canzone in lingua inglese “Without You”, la collaborazione con Edoardo Bennato in “Io vorrei che per te”, il featuring de L’Ennesimo in “Lunedì”, Lodo Guenzi de Lo Stato Sociale co-autore del brano “Siamo a metà”, Gem Archer e Andy Bell, rispettivamente chitarrista e bassista di Noel e Liam Gallagher e J. Sharrock batterista dei Gorillaz in “Maledizione”, il duetto con Matteo Costanzo sulle note di “In un addio”, il cantautore indiano Raul Kamble nel brano di chiusura dell’album “Figli dei fiori”.
“È un progetto collettivo. Ogni persona, ogni artista che ha viaggiato con me è un protagonista – sottolinea - il disco l’ho scritto per ‘tornare bambino’, per questo ho usato le metafora della favola. Il progetto mi rende ‘eterno bambino’, mi cattura ed è proprio quello che volevo. Questo non vuol dire non trattare argomenti spessi come la libertà, la paura e la crescita. Parlare della realtà attraverso un mondo magico è esattamente quello che ha sempre fatto Edoardo Bennato, che io ho avuto la fortuna di conoscere durante la lavorazione del disco, quando lo avevo già in mente dal punto di vista concettuale”.
Da Bennato a Lucio Dalla
Anche la cover si ispira a quella “Burattino senza fili” di Bennato. “In questo lavoro ci sono delle intenzioni, delle emozioni reali, della vita vera. Basti pensare alla grande amicizia che ho creato con Will & The People, sono andato a trovarli a Londra, abbiamo vissuto momenti bellissimi che si sono trasformati in musica, in sorrisi, in pianti. Dieci giorni magici in una casa-studio”, ricorda.
Poi prosegue portando dentro alcune tracce simbolo: “‘Caro Lucio’, ‘Without You’ e ‘Figli dei fiori’ sono arrivati a me naturalmente - conclude - il primo pezzo l'ho scritto durante il primo ‘lockdown’, è la risposta a ‘L’anno che verrà’ di Lucio Dalla. Mi sentivo solo, non riuscivo a parlare con gli altri. Il periodo che stavamo vivendo, dominato dalla pandemia e dalla guerra, è simile agli stravolgimenti che hanno caratterizzato il contesto sociale in cui è stata scritta la ‘lettera’ di Lucio. In tali difficoltà, immaginare di ‘dialogare’ con lui mi ha dato conforto. C’è persino un ululato nel ritornello, che rimanda ad un mondo ancestrale e magico, dove possiamo essere chi vogliamo. Volevo parlare con qualcuno che non mi giudicasse, che non si soffermasse sulla mia fragilità. È una canzone che ho scritto per me in cui tanti si possono rispecchiare”.